Se vuoi vittoria avrai vittoria
Se vuoi sconfitta avrai sconfitta
(S. Bersani, “Lascia Stare”)
70.3
E’ la distanza complessiva, in miglia.
1900 metri di nuoto
90 km di bici
21,1 km di corsa
Che sommate… va beh, trovatevi un convertitore online e date un’occhiata, ma mi giurano che tutto quadra.
E l’Ironman 70.3, altresì detto mezzo ironman (che però fa molto più sfigato) è la gara che la romagnolissima Cervia ha ospitato il 19 settembre. E che il mio cervello leso e scriteriato ha deciso di provare. https://www.ironman.com/im-emilia-romagna
Per arrivarci, però, dobbiamo fare un po’ di passi indietro e andare con un po’ di storia (quelle cose che, quando vai su un sito, ti procurano il nervoso… cioè, voglio vedere quanto costa quella maledetta camicia jeans, perché mi devi prima raccontare la storia della tua azienda? Eh? Eh?)
Comunque si va indietro al dicembre 2017 quando, dopo una stagione di running infernale, decidevo di darmi un po’ di respiro e, dopo 30 anni esatti, tornavo in piscina.
A settembre 2018 il mio primo sprint, a Jesolo (https://fulviolunaromero.wordpress.com/2018/09/).
Pochi giorni prima, mentre sono in autogrill con dei colleghi, si fermano due svizzeri col camper, di ritorno dal 70.3 di Cervia, e i colleghi mi dicono “e tu quando?”, e io “ah ah ah” (non proprio così, cioè era una risata un po’ più intensa tipo AHAHAHAHAH). Ecco, settembre 2018.
A settembre 2019, sedotto dalle minacce di FFIRONMAN® dopo aver provato due olimpici (se volete capire le distanze, spendete ‘sta miseria di eurini e comprate il https://www.amazon.it/LEvoluzione-del-Runner-Sfigato-atleticagastronomica-ebook/dp/B085TR1ZYH/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=evoluzione+del+runner&qid=1585137383&sr=8-1), mi iscrivo a Cervia per settembre 2020.
Il problema è che il 2020 non è stato un anno semplicissimo. Non so… avete sentito parlare del Covid? Diciamo che ha complicato le cose comportando il rinvio della qualunque, e così arriviamo a settembre 2021 e si parte.
Cioè, piano… un 70.3 non dura il tempo della gara, dura un anno di allenamenti. Che iniziano proprio lo scorso autunno e si intensificano in inverno con frequentazione costante della mia amata piscina (…), pedalate glaciali di sabato mattina su e giù per i monti con compagnie ambigue, e trovano forza in estate con le vacanze sacrificate sull’altare del “quest’anno il sole scotta troppo, preferisco fare questi 12 km di corsa” e altre amenità. Perché il pezzo più forte arriva ad agosto, con temperature che mai la storia umana aveva registrato: e così sveglia presto e via 4 ore di bici porconando, oppure sveglia prestissimo e via un’ora corsa. Almeno il caldo non incide sulla piscina, dai.
Tutto durante un periodo complicatissimo al lavoro (la sera, pensare di fare qualcosa procurava conati di vomito) con in mezzo una gara test, in Alpago (https://fulviolunaromero.wordpress.com/2021/07/25/alpago-alpago-un-anno-dopo/ )dove la frazione acqua mi manda dei messaggi del tipo: Romero, è ora di finirla con ‘sta storia. Vai e nuota, porcadiquellaputtana.
La cosa funziona in due modi:
Capisco che l’acqua non è una nemica, anche se preferisco di gran lunga la birra
Mi presento in piscina incazzato come un novax e inizio a macinare metri su metri (roba che uno dei VERI riderebbe mezz’ora, ma per me arrivare a 3000 metri di nuoto è più o meno come per una gallina volare).
E avanti, con un altro test a Grado (https://fulviolunaromero.wordpress.com/2021/09/05/lets-go-triathlon-grado-2021/) dove le cose cominciano a girare e la consapevolezza si fa sentire.
Stando ai dati ufficiali dei mie strumenti (leggasi Garmin Fenix 6 e Edge 530) da maggio a al momento della gara, ho fatto:
440 km di corsa
1350 km di bici
37 km di nuoto
Che, detti così, non sembrano l’inferno. Ma provate a chiedere a mia moglie…
Insomma, il 18 settembre mattina, alle ore 8,30 (con mezz’ora di ritardo a causa mia, non si ripeterà, soprattutto visto lo sguardo di FFIRONMAN®) la carovana composta dai Romeri e FFFAMILY®si avvia verso la Romea e la Romagna.
La facciamo breve, prendiamo posto in hotel e ci fiondiamo dal primo piadinaro dove l’atleticagastromica™ tiene fede al nome. E le famiglie non paiono da meno.
Poi, lasciando mogli e figli piccoli in piscina, partiamo con figli grandi (una, in realtà) verso il luogo della gara per andare a ritirare il pacco gara e a vedere la manifestazione del giorno: l’ironman.
Quello vero. Quello lungo.
E vi assicuro che il nostro compagno di squadra che, per camuffare audacemente il nome, chiamerò Davide Allungo, quando sbuca dalla zona cambio per iniziare la maratona, ha lo sguardo simile a quello di molti vips caduti nei tranelli di “Scherzi a parte”.
Torniamo all’hotel, ci liberiamo dei figli (non chiedeteci come) e, mogli muniti, ci rechiamo a Milano Marittima a vedere altri passaggi dell’Ironman e a tifare ancora l’amico Allungo. Che, tra una Madonna e l’altra (e non credo si parli di Miss Ciccone) trova la forza di sorridere, e chiuderà la gara con la sua mostruosa forza gentile!
Quindi ora abbiamo anche Allungoman!
A questo punto inizia la fase difficile, perché c’è la cena. E si sa, la Romagna non è proprio la terra indicata per alimentarsi prima di una gara. Così decidiamo di stare leggeri e prendiamo posto in un ristorante in spiaggia, in compagnia di due colleghi dell’altro team trevisano: Armaron e Aggiggi.
Leggeri.
Così, dopo il pesce crudo, i cappelletti col sugo alle cozze, la frittura e il vino, ci limitiamo a un tris di dolci giusto per integrare anche gli zuccheri.
Va beh, accade niente di rilevante, fino alla mattina della gara.
E qui si balla.
La mia tensione è simile a quella che avevo in sala parto mentre mia moglie sfornava Coso.
Per fortuna FFIRONMAN® è molto sereno quando, a colazione, una signora milanese inizia a lamentarsi delle gare e, dato che indossiamo la divisa, se la prende anche con noi perché chiudono le strade, c’è casino, non si passeggia.
Alla terza frase tolgo a FFIRONMAN® il coltello sporco di nutella e altri oggetti che, nelle sue mani possono diventare un’arma (tipo il tovagliolo, per esempio); carichiamo le nostre povere cose sulla FFMOBILE® e partiamo per la zona cambio.
Qui la prima sorpresa bellissima: la mia postazione è perfettamente davanti l’uscita!
Sorpresa che va in merda quando capisco che quella è l’entrata e dovrò farmi 700 metri con le scarpe da bici spingendo la mia Pina.
Comunque sistemiamo con ordine le nostre cose seguendo le disposizioni colorite dell’organizzazione: nella sacca blu si mette la roba da bici, che si prenderà per pedalare sostituendola con quella del nuoto. Nella sacca rossa quella da corsa (parlano di berrettino e occhiali da sole, ignorando che al mio arrivo più che altro servirà la torcia frontale) che verrà sostituita da quella da bici. Nella sacca bianca la roba con cui ci si vestirà alla fine.
Chiaro che, dopo tre movimenti, entro in uno stato confusionale difficile da gestire.
Ma tant’è, alle 9 è tutto pronto. Solo che mancano 3 ore alla partenza, e la mia tensione continua a salire: passo da uno stato “Salvini al porto” a “Mike Tyson in coda alle poste”. Per rilassarmi, FFIRONMAN® mi fa sedere al bar di un bagno, dove osserviamo un tipico bagnino romagnolo appoggiarlo a qualunque cosa di sesso femminile tra i 18 e gli 80 anni. Un fuoriclasse!
E osserviamo anche un’altra cosa: c’è una quantità di gnocca che anche FFIRONMAN® pare distratto mentre mangia il suo tupperware di riso in bianco. Una scena, questa, che mi resterà impressa fino all’ultimo giorno di questa mia folle vita.
Com’è come non è, l’ora X si avvicina e noi ci avviciniamo all’acqua.
Muta facoltativa, la indossiamo dopo che il sottoscritto ha tampinato una serie di bagnine con i cani da salvamento, e ci si butta in acqua per capire come funziona.
La temperatura è buona, non ci sono particolari onde e una minima corrente sembra giocare a favore del bordo lungo. Quindi tutto ok.
Con la dovuta calma ci si avvia nelle gabbie. FFIRONMAN® sparisce in quella di coloro che contano di chiudere la frazione tra i 10 secondi e i 3 minuti scarsi solo in caso di nebbia fitta.
Io, contagiato dal clima romagnolo, faccio lo sborone e mi infilo nel gruppo 38-44 minuti.
Ora, è risaputo che il nuoto non sia il mio sport preferito. Ma non è risaputo il fatto che io proprio lo detesti. Quindi continuo con uno stato di tensione da nausea. cioè, non sorrido nemmeno nelle foto. Capite????
Gli speaker incitano atleti e pubblico, un trionfo di mute e cuffiette verdi si prepara e al via comincia l’inferno: 5 per volta ogni 15 secondi ci avviciniamo piano piano alla nostra sentenza.
Quando sono in prima fila guardo l’addetto e lo vedo molto sfuocato. Mi rendo conto che lo sputo negli occhialini è stato un po’ troppo entusiasta, ma non c’è più tempo. BIIIIIPPPPPP
E SI VA!
Dritti in acqua per i nostri 1900 metri. Ne passano più o meno 50 prima che inizi a prendere botte. A 55 le restituisco e comincio anche a prenderci gusto.
Vinco il mio terrore e, testa bassa, comincio una nuotata regolare che ancora oggi non mi spiego.
Bello placido tipo turista tedesco, comincio a muovermi. Per la prima volta vengo superato ma anche supero. Non ho affanni, non bestemmio (non bestemmio troppo, diciamo) anche grazie alle bagnine sedute a cavallo dei SUP che ci accompagnano.
Un braccio davanti all’altro e la prima boa arriva inaspettatamente veloce.
Giusto un paio di drink piuttosto salati, qualche pugno di cui uno dritto in bocca, ma le cose vanno bene. La tensione si è sciolta e mi sento a mio agio. Roba da matti!
Aspetto il disastro ma, diamine!, non arriva.
Seconda boa girata bene, direzione spiaggia e, con la mia velocità tipo programma pomeridiano di Rai Uno, continuo bello liscio. Respiro regolare, una bevuta ogni venti bracciate, un pugno ogni trenta e avanti così. Siccome non è facile andare dritti, il segreto è seguire le scie di quelli davanti.
Il problema è che se quelli davanti vanno a cazzo, ci vai anche tu. Così, mentre sto rientrando, mi accorgo di essere appena appena fuori rotta, ma tipo che invece di Cervia sto puntando San Marino. Due imprecazioni colorite e riprendo la strada.
Senza affanni, senza panico, inizio a vedere il fondo (non della mia prestazione) e metto giù i piedini!
Sono arrivato! Finita l’acqua! 40 minuti e finita l’acqua!
Esco ridendo come un ebete, inizio a slacciare la muta e prendo una bottiglietta di acqua (perchè non ne avevo bevuta abbastanza), felice come un porco nella merda!
Poi mi ricordo che devo fare ancora 90 km di bici e 21 di corsa. Smetto di ridere.
Avanti, con calma (credo di essere l’unico che cammina) arrivo alla zona cambio. Per togliermi la muta valuto di farmi amputare i piedi, ma grazie a un magico spray lubrificante di FFIRONMAN® (no, niente battute per favore) alla fine ne vengo fuori.
Casco, scarpe, occhiali e si va.
Con due piccoli problemi: sono bagnatissimo e il sole è sparito.
Altre imprecazioni mentre cammino verso l’uscita per un tratto che è lungo più o meno come la mezza maratona.
Quando sto pensando di mandare in mona tutti, sulla sinistra vedo un urlante Allugoman! E lì mi carico a bestia! Grande Allungoman! Sei un Ironman!
Su in sella e si parte per una bella placida pedalata di 90 km.
Che potrebbe anche essere divertente, non fosse che si sta sviluppando una curiosa reazione: l’aria ingurgitata durante il nuoto, l’acqua bevuta, il body bagnato e il freschetto… praticamente comincio a sentirmi come una bomba a cui è stata tolta la spoletta e immagino già il momento in cui mi dovrò ritirare. O morirò di stenti tra le coliche.
Proprio all’apice di questi pensieri dettati dai dolori intestinali passo il centro di un paesino dove tre creature sui vent’anni, a bordo strada, incitano noi disperati. E lì esce l’amor proprio, la cattiveria agonistica (di cui sono completamente privo) e, soprattutto, il marpione che è in me, mi alzo sui pedali e ci do dentro. Ovviamente la cosa vale fino a quando sparisco dalla vista a riprendere il mio tran tran accompagnato da atti di autocommiserazione. Però le coliche sono sparite. Oh… più di un carro di buoi!
Comunque si va avanti: ai 20 km una barretta, ai 40 un’altra che però sa di marcio. Pian piano rifletto di averla comprata nel 2019, probabilmente non è più in grado di fornirmi l’apporto energetico necessario, ma sarebbe un ottimo viatico per una rapida pulizia del colon.
La lascio lì e, sempre placido, attacco la timida salita di Bertinoro.
Ora… timida… per noi veneti, che ci alleniamo su Montello, Pianezze, Milies, Mostaccin e dolomiti varie, non è niente in tutto.
Per chi ha fatto come allenamento la Romea, tende a diventare un buon pretesto per ritirarsi.
Un paio di atleti scendono bestemmiando e cominciano a portare su la bici a mano.
Io, in scioltezza, scavallo Bertinoro e scendo come un proiettile. E proiettili sono anche i 51000 moschini che si affacciano sulla strada e che mi si schiantano su casco e occhiali.
Momenti bellissimi quando ne ingoio uno (mandate a letto i bambini) e simulo indifferenza.
Insomma, avanti, si rifà gran parte del percorso di ritorno.
Ah… FFIRONMAN®. Dove sarà finito? Tutto sotto controllo!
Mentre attraverso la periferia di Cesena dopo aver percorso la Tiberina (strada a due corsie per senso di marcia che ho fatto solo in macchina, di notte, a 160 all’ora per andare in Gargano), vedo una palla di fuoco discendere dalla collina, gente che urla spaventata, bambini che nascondono il capo dietro le sottane delle madri… e FFIRONMAN® si manifesta come un imbucato a un matrimonio, con mezzo sorriso tirato, in senso opposto al mio (ergo, diciamo almeno 15 km di vantaggio, dai…) menando le mani a destra e sinistra e conducendo la bici da crono solo con il pensiero.
Ma torniamo a noi comuni mortali.
Piano piano, si va in direzione Cervia. E qui l’episodio increscioso della giornata.
Sul più bello mi trovo davanti un bel gruppone di 40/50 persone.
La gara non prevede la scia, quindi dovrei mollare. Ma il mio pensiero è: e che cazzo, perché devo mollare io e gli altri no? Così, fischiettando, simulando la cosa non mi riguardi, mi avvicino all’ultimo e….. FIIIIIIIIIIIIIIIIII
Una moto con una giudice (o giudicessa, che qui col gender mi fanno il culo) a bordo. Il fischio feroce. Io che grido “Rigore per la Juve!”, lei che mi incenerisce con lo sguardo.
Apriamo una discussione sul filo dei 38 all’ora, sul fatto che non posso evitare di incastrarmi se questi mi occupano tutta la sede stradale.
Lei risponde, io ribatto incazzato ma al culmine della tensione, sulla sinistra, vedo un fotografo ufficiale. Sospendo il diverbio per sorridere all’operatore, poi torno sulla giudice che mi fissa con sguardo pietoso. Batte la spalla dal motociclista e se ne va.
Una scena raccapricciante, in effetti.
Che peggiora quando da dietro mi sento dire “excuse me?”. Io l’inglese lo mastico un po’. Quindi provo a voltarmi e chiedo “may I help you?”
Ernst, dalla Gran Bretagna, lo scoprirò dal pettorale, mi si attacca al culo e inizia a dirmi di tutto perché corro a centro strada.
Io, sorrido e cerco di spiegargli che sono al centro per non fare scia. E che, essendo al centro io e tutti a destra gli altri, a sinistra ha tutto il cazzo di spazio che vuole per passare.
E lo dico gentilmente.
Lui risponde piccato e sento solo un “italian”.
Allora mi sposto a destra e gli faccio cenno di passare.
Quando mi affianca sorrido, che non si dica che l’”italian” non è accogliente. E metto anche insieme alcune nozioni di inglese tipo ”fuck off dick head and your shitty brexit, it’s coming Rome, muso de merda po po po po po po po po pooooooooo”.
Ernst capisce la mala parata, anche perché nel frattempo sto arringando la folla, e se ne va ramingo.
La corsa continua, e inizio a essere un po’ stanco e ad avere un male al culo che nemmeno una gallina che ha fatto un uovo da 5 kg.
Piano piano si rientra a Cervia con la velocità media che si abbassa un pochino, ma sempre dignitosa.
Quando vedo una curva secca a sinistra intuisco ci sia la zona cambio. Mi slaccio le mie fashionissime Fizik e sfilo i piedi, così da essere pronto a saltare giù. Il problema è che, fatta la curva, ce ne sono un altro po’, di curve. E rotonde e rettilinei. Perché siamo a 87 km e non me n’ero accorto.
Poco da fare, continuo a pedalare un po’ abbattuto, ma più che altro abbastanza provato.
Raggiungo la linea di discesa in 3 ore e qualche secondo, salto giù festoso e, con gran calma, mi avvio per i miei 700 metri di passione a depositare la bici.
Via il casco e che non mi ricordo più in che minchia di sacchetto vada.
Su il berrettino e le scarpe.
E’ il momento. Romero, questa la sai.
Hai corso 5 maratone, una trentina di mezze. E ti sei allenato bene.
Rispetto per tutti, paura di nessuno.
Poi penso che non c’entra una fava ‘sto pensiero e capisco che l’ossigeno è quello che è.
A 3 ore e 55 minuti esco dalla zona cambio con passo spedito (in realtà, con passo incontrollato perché non corro così nemmeno sotto doping).
Il pubblico ti dà una marcia in più. Il problema è il primo cartello che trovo con scritto: 3 giri da 7 km.
Cioè, io lo so che 7×3 fa 21. Ma leggerlo è peggio.
E il contributo del pubblico va a farsi fottere.
Comunque parto a velocità anomala e decido di andare a sensazione e controllare ogni 5 km la situazione.
Vedo mogli e figli/e a bordo strada, il pubblico è davvero caldissimo mentre inizia a piovere. La spinta che arriva dal tifo è micidiale.
Come si diceva una volta “butto il cuore oltre l’ostacolo” (a proposito, la sapete quella di: “il dottore mi ha detto che il cuore di un ventenne, e mi ha anche fatto vedere dove l’hanno seppellito”?), cerco di tenere alto il ritmo, ma la fatica comincia a farsi sentire parecchiotto.
In tutti questi mesi ho dichiarato che avrei voluto stare entro le 6 ore e mezza. In realtà sognavo di stare entro le 6 ma non ci contavo. Comincio a fare calcoli al decimo: sto correndo da 4 ore e 50 minuti. Significa che ho un’ora e 10 per fare 11 km. E, generalmente ce la faccio con molto margine.
Altro calcolo (si, ero completamente esaurito): se corro a 6 al km, che è proprio il minimo sindacale, mi vorranno 66 minuti e ne ho 70. E ogni km che chiudo sotto i 6 guadagno secondi.
In tutto questo delirio, misteriosamente, mantengo il passo. Incrocio ancora FFIRONMAN® che rifila degli schiaffoni ad atleti e pubblico, giusto perché si sta annoiando.
Cerco di bere al volo un bicchiere di Gatorade e rischio di soffocare, provo a tenere il ritmo ma la cosa si fa complicata.
Dopo il 15 si verifica un fatto curioso:
Il cuore dice “va tutto bene, sei a 148 rpm”
La testa dice “va tutto bene, sei rilassato e positivo”
Le gambe dicono “va tutto bene, per gli altri. noi siamo finite”.
Poco da fare: spingo ma rimango lì e la velocità scende costantemente.
Arrivo al 18 stringendo i denti, so che da ormai è fatta. Mi rimetto con le tabelline e vedo che ho ancora margine, nonostante tutto. Un piede davanti all’altro, la pioggia è finita ed esce un po’ di sole che alza l’umidità più o meno a livello di quella della foresta pluviale.
Avanti ancora, dai!
Le gambe bruciano, qualche accenno di crampo, ma c’è la gente accanto alla strada che incita, ci sono mia moglie e Coso che mi aspettano al traguardo. E c’è una medaglia per cui ho faticato un anno.
Testa bassa, e ancora avanti. Un piede dopo l’altro senza più guardare il tempo ma solo cercando di capire quante altre svolte manchino.
Anche un breve rettilineo sembra infinito, ma poi arrivo alla fine del primo, del secondo, faccio quella curva che pare lontanissima, infilo la rotonda che sembra chissà dove. E passo accanto al cartello che divide le file: se devi fare un altro giro a destra. Se stai per diventare uno che ha chiuso un mezzo ironman, vai a sinistra. Corri come un pazzo, urla e vai a prenderti la medaglia!
E faccio così!
Con l’adrenalina a mille e le lacrime dal male e dall’emozione, inizio a correre verso la spiaggia. Saluto i parenti e, sulla passerella verso l’arrivo, faccio l’infame e supero almeno 5 altri atleti con uno spunto da centometrista che non so dove trovo.
Sia messo agli atti: l’ho fatto perché volevo venire da solo nelle foto.
5h56m18s
Insperati, sognati e sudati.
Appena passato il traguardo mi butto a terra in lacrime. Una scena bellissima. Che mi fanno interrompere senza nemmeno un po’ di cinema perché devo sgombrare la zona arrivi.
MALEDETTI!
Va beh, poi medaglia, maglietta di finisher, birra… CAZZOCISONORIUSCITO!
Fuori dalla zona degli arrivi trovo un sorridente Armaron che pare aver appena concluso una scampagnata con delle suore, e FFIRONMAN che fa qualcosa di simile a un sorriso e un moto d’orgoglio per il suo discepolo che è riuscito a non morie.
Velo pietoso su tutto ciò che segue e che si riassume così: via il body e su i vestiti senza lavarci. Macchina. 3 ore. Casa.
Quando sono andato sotto la doccia, il mio corpo è stato abbandonato da: sale, sabbia, erbe, alghe, licheni, un branzino e due fenicotteri rosa.
Che ho messo lì. Esposti. Accanto alla medaglia. Quella di finisher di un 70.3
Dai, basta così che questo articolo è più lungo e faticoso della gara.
Faccio solo un paio di ringraziamenti che sono doverosi: il primo, ovviamente, a FFIRONMAN. Ovvio che, non ci fosse stato lui che negli ultimi anni mi ha vessato in ogni modo con sveglie all’alba, salite da vomito, corse buone per l’epistassi e così via, una gara così non l’avrei nemmeno immaginata. Invece, il nostro feroce eroe, ha il cuore tenero e mi ha preso per mano dall’inizio di questa avventura portandomi a spasso per il mondo del triathlon. E se oggi posso pubblicare foto fighissime sui social, davvero, è quasi tutto merito suo.
Quindi, maledetto, grazie di cuore!
Segue, nei grazie, HOLLYWOOD!
Perché l’intrepido avvocato ha scelto di accompagnarci in uscite assolutamente goliardiche, durante il glaciale inverno. Solo che, mentre ridevamo e facevamo i deficienti, sotto lo guardo vigile di FFIRONMAN®, mettevamo fieno in cascina. E ora, caro Hollywood, sabato tocca a te!
Grazie a tutta la squadra del 6.15 triathlon (che tra sabato e domenica ha portato a casa risultati mostruosi con due Ironman di Cucciolo e Stefania e un mezzo corso da Horatio di C.S.I. Miami a delle velocità sperimentate solo dalla Nasa), perché mi ha accolto in famiglia. Senza rendersi conto di ciò che stava facendo, ovvio. E confesso che gli allenamenti e le uscite fatti al seguito di questa allegra brigata di persone dal passato oscuro, mi ha aiutato a lasciare mia zona di comfort (va’ che frase da mental coach!)
E, a proposito di coach, grazie ad Andrea Toso che non si è mai negato per un suggerimento o un consiglio evitandomi di combinare qualche casino.
In ultima, ma solo per questioni editoriali, grazie a Paola e Coso. Perché già sono uno difficile di mio, in queste condizioni, poi…
Ora un po’ di calma, un po’ di riposo che le priorità cambiano, visto che il 21 ottobre uscirà il mio nuovo romanzo “Le regole degli infami” edito da Marsilio. Che vi invito fin da subito a comprare, perchè ho tanto bisogno. Grazie. Dio vi benedica.
Chiudo con la frase splendida di mia moglie, giusto post gara quando Armaron chiede “e allora? Pronto a fare l’ironman vero?”
Le mi guarda, sorride e leggo amore nei suoi occhi verdi. E poi: amore, fammi sapere che mi prendo un anno sabbatico dal matrimonio.
Evviva gli anni sabbatici!
Evviva i mezzi ironman!
Evviva il 6.15!